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Mara Santangelo a YSport: “Indimenticabile il Roland Garros con la Molik”

Ai microfoni di YSport, l’ex tennista professionista, ora scrittrice, Mara Santangelo, si è raccontata a 360° gradi.

L’ex vincitrice della Fed Cup 2006 e del Roland Garros in doppio nel 2007 ha espresso le sue opinioni sul tennis odierno, oltre a raccontare alcuni particolari della sua carriera alla nostra redazione.

MARA SANTANGELO – INTERVISTA A YSPORT

Mara Santangelo, tennista in singolare e in doppio, hai raggiunto risultati di un certo livello in entrambe le categorie. Qual è il ricordo più bello legato a un campo da tennis?

“Il mio ricordo più bello è sicuramente  la vittoria del Roland Garros.  Una vittoria che mi ha dato tante emozioni, soprattutto per averla condivisa con una ragazza speciale come Alicia Molik, la mia compagna di doppio di  quel periodo. Un’altra vittoria importantissima è stata quella della Fed Cup 2006”.

In tenera età hai praticato altri sport prima di scegliere il tennis, quali il nuoto e lo sci di fondo, dove hai anche vinto qualche trofeo. In quale momento e perchè hai scelto di praticare il tennis a livello professionistico?

“Ho scelto di praticare il tennis a 12 anni e l’ho fatto perchè odiavo il freddo.  Lo sci mi faceva svegliare alle 6 e andare  sui monti con una temperatura molto bassa mi portava sofferenza. Quando hai dodici anni e devi scegliere se il tennis o lo sci di fondo, sicuramente quelle caratteristiche ti portano alla scelta che ho fatto io”.

Ti sei mai data una spiegazione tecnica sul come mai hai avuto i risultati migliori nel doppio rispetto al singolare?

“Ho avuto migliori risultati nel doppio a causa del mio problema al piede, dato che sono nata con una malformazione al piede che mi ha ostacolata per tutta la carriera tennistica. Lo sforzo che si compie nel doppio è minore rispetto a quello nel singolare, dove gli spostamenti sono più ampi e intensi, e per me che avevo quel problema , è stato determinante riuscire a preservarmi un pò, cosa che ovviamente mi riusciva meglio nella categoria dove poi ho reso meglio”.

Il problema al piede di cui parli, che poi ti ha costretta al ritiro, ti ha dato fastidio fin dai primi tempi in cui giocavi o si è enfatizzato negli anni in cui hai iniziato a saltare tornei?

“Ne soffrivo anche in età giovanile e poi facendo visite approfondite, risultò che era un osso in piu, che nei momenti di maggior carico si infiammava e provocava il dolore”.

Ho avuto la fortuna di leggere il tuo libro “Match Point”. Dopo la fine della tua carriera, come mai hai deciso di scrivere? Hai sempre avuto questa passione?

“Si, ho sempre avuto la passione della scrittura. Anche durante la mia carriera scrivevo qualsiasi cosa e mi appuntavo qualsiasi pensiero. Ero definita dai giornalisti ” la scrittrice con la penna in mano. Ho sempre pensato che avrei scritto un libro per raccontare la mia storia, cosa che non avrei potuto fare da giocatrice perchè comunque non si può dire al proprio  avversario quali sono i tuoi punti deboli. Di certo io non potevo parlare della mia malformazione al piede perchè sarebbe stato come consegnarsi all’ avversario. Quando poi mi sono ritirata ho potuto esternare quella che era la mia storia, anche con l’obiettivo di  tramandare la mia esperienza ai ragazzi, di fargli capire che se vuoi davvero una cosa,  se vuoi raggiungere un obiettivo, alla fine la strada la trovi”.

Hai dei progetti per un ipotetico nuovo libro? Continuerai a scrivere?

“Certo che si, ho già in mente qualche altra idea, spero solo che sia vincente come lo è stata con gli altri due scritti”.

Il tennis italiano sta affrontando un momento di crisi dovuta al ricambio generazionale. Dopo il ritiro di Flavia Pennetta e il calo di Errani-Vinci, la nostra nazione non sembra riuscire a trovare delle sostitute adatte a quel meraviglioso gruppo che negli ultimi dieci anni ha vinto 4 Fed Cup. Come mai questa difficoltà? Tra le giovani ragazze chi è che  può riuscire ad esplodere?

“Il tennis non è uno sport molto semplice da questo punto di vista. Si chiude un’era generazionale molto vincente, iniziata nel 2006 con la nostra vittoria in Fed Cup e non sara facile avere risultati simili. Certamente abbiamo qualche buon giocatore a livello maschile, mentre le donne stanno facendo un pò più fatica, anche se abbiamo delle ragazzine di 12-13 anni che promettono davvero bene. L’italia acclama sempre il campione, il Federer o il Nadal di turno, ma la nascita di tali giocatori non dipende sempre dal lavoro. A volte il carattere determinante è il talento per raggiungere tali risultati”.

Volendo estendere il discorso al circuito WTA, sembra che con l’assenza di Serena Williams  l’anarchia regni sovrana. Nessuna tennista è in grado di imporre un dominio sulle altre ed ogni torneo è una sorpresa. Pensi che dopo la maternità Serena possa tornare a prendersi un trono che è rimasto senza padrona?

“Se una giocatrice come Serena ha deciso di ritornare sono sicura che lo fa con le intenzioni di tornare al meglio. Personalmente credo che tornerà numero uno al mondo, perchè attualmente non c’è una giocatrice capace di imporsi  nettamente sulle altre e penso che Serena abbia quel qualcosa in più da vera campionessa che la riporterà al comando del circuito WTA”.

Ritornando al successo italiano in Fed Cup nel 2006, tu hai dato il punto più importante all’Italia, quello del 2-2. Entrando in campo e sapendo che il tuo match era da “Win or Go home”, che sensazioni avevi prima di quella partita?

“I sentimenti predominante erano paura e responabilità, e nel dirti paura ne vado fiera, perchè penso si tratti di un sentimento comune a tutti gli esseri umani, anche se le persone lo vedono spesso come un sentimento estremamente negativo, invece di affrontarlo in modo propositivo. Ho cercato di prendere in mano la paura, pensare punto dopo punto, dare il mio meglio. La mia tensione era altissima ed infatti persi quel primo set, però poi feci valere quelle che erano le mia capacità e sbloccandomi vinsi in modo agevole”.

La settimana scorsa si sono tenute a Milano le NEXT GEN ATP FINALS, un torneo sperimentale per le regole tennistiche. Cosa ne pensi del torneo? Potremmo davvero vedere quelle regole applicate al circuito dei “grandi”?

“Certamente le Finals dei giovani sono un evento in cui la federazione crede molto. Dopo il primo anno è stato molto positivo sia in termini mediatici, di risonanza televisiva, di pubblico presente e penso possa solamente crescere come manifestazione nei prossimi anni,  anche perchè noi come federazione abbiamo un contratto di cinque anni. Per quanto riguarda la formula io credo che vada bene per un evento del genere, cioè under 21,  ma il tennis in generale non è ancora pronto per un cambiamento così radicale. Sicuramente si potrà modificare qualcosa a poco a poco, aggiungendo alcune regole secondo me molto positive come il coaching, già presente nel circuito WTA. Sono invece scettica rispetto al punto secco e al set a quattro, in cui ad assumere una posizione fondamentale sarebbe la fortuna, perche ti potrebbe cambiare un match senza fartene accorgere e senza darti la possibilità di recuperare. Il nostro sport, anche per quello che rappresenta, per la sua essenza, per la sua storia e tradizione, non credo sia pronto per cambiare”.

Ultima domanda. Chung, il vincitore del torneo citato poc’anzi, dove pensi possa arrivare?

“Sicuramente è difficile oggi poter dire dove  il sudcoreano possa arrivare, ha un buon potenziale ma non credo quello del giocatore da primi cinque del mondo. Per quello che ho visto è sicuro un grande combattente, un grande difensore, un ragazzo con una grande testa e un grande fisico, ma non ha il colpo di chiusura, il colpo decisivo che ho visto in altri giocatori che pur avendo perso, tecnicamente hanno qualcosa in più rispetto a Chung. Credo che il sudcoreano con un format diverso, non avrebbe vinto questa competizione”.

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