Il “Peque” Diego Schwartzman, chiamato così per via dei suoi 170 cm, sta scalando poco a poco la classifica mondiale, grazie al raggiungimento di obiettivi sempre più impensabili per un tennista con ottimi fondamentali ma con un servizio, anche a causa dell’altezza, non eccezionale.
Ciò che caratterizza l’argentino è la sua competitività, la sua voglia di dimostrare di essere più forte di quello che gli altri pensano, la sua capacità fisica di mantenere un ottimo livello durante tutta la partita.
Per batterlo, bisogna meritare di vincere la partita, bisogna andarsela a prendere perchè Schwartzman non te la regala, commette pochissimi errori gratuiti e sulla terra rossa è praticamente impossibile farlo fuori facilmente.
Le sue capacità, Diego le sta dimostrando da un paio di anni a questa parte nel circuito, ma è proprio nel torneo ATP 500 di Rio de Janeiro in cui i suoi miglioramenti degli ultimi tempi si sono concentrati in una singola settimana.
Il piccolo argentino non ha addirittura perso un singolo set in questa sua cavalcata, eliminando avversari probabilmente più talentuosi di lui molto facilmente, come il francese Monfils.
Nella finale contro lo spagnolo Verdasco, Diego non ha brillato, ma è riuscito a mantenere il suo gioco equilibrato che ha mandato fuori giri il suo avversario, autore di una prestazione molto negativa, soprattutto se messa in relazione con le antecedenti partite, soprattutto quella con Thiem, dove lo spagnolo aveva espresso un tennis che ricordava il vecchio Verdasco, capace di raggiungere risultati come la semifinale agli Australian Open 2009.
L’incontro tra i due è stato meno lottato di quanto ci si aspettava, ma solo nel punteggio, poichè per quanto riguarda cosa si è visto in campo, nessuno dei due ha fornito una prestazione eccellente.
A fare la differenza sono state soprattutto le percentuali di entrambi: mentre l’argentino ha ottenuto il 74% dei punti vinti con la prima di servizio e il 50% dei punti vinti con la seconda, lo spagnolo ha raccolto il 67% con la prima, abbastanza alto come quello di Schwartzman, ma allo stesso tempo un misero 29% con la seconda.
Queste percentuali, unite a quelle relative alla realizzazione delle palle break, 80% per Diego e 11% per Verdasco, spiegano l’andamento e il risultato finale dell’incontro.
Verdasco ha sfruttato solo una palla break su un totale di nove, mentre il sudamericano ne ha concretizzate ben 4 su 5.
Questa è la differenza principale che lo spagnolo ha fornito rispetto agli incontri con Thiem e Fognini, dove la sua percentuale di palle break concretizzate era altissima, come anche era per i punti vinti con la seconda.
Il match è durato un’ora e 24 minuti ed è finito con il punteggio di 6-2 6-3 per l’argentino, che ha conquistato così il suo secondo titolo ATP, dopo quello vinto nel 2016 a Istanbul.
Nonostante il risultato devastante sotto tutti i punti di vista, lo spagnolo dovrà prendere le tantissime scorie positive di questa grande cavalcata che potrebbero dargli molta fiducia, che è anche quello che gli è sempre mancato nella sua carriera.
Quanto a Schwartzman, che ha ottenuto cinque posizioni ed è entrato in top 20, precisamente piazzatosi al numero 18, non resta che prepararsi alla nuova stagione sul rosso sempre più vicina, con la consapevolezza di essere secondo a pochi giocatori su questa superficie e di poter ampliare il suo bottino di risultati e trofei, giunto a 2 titoli con la vittoria di questa settimana a Rio.
Il piccolo Diego è uno dei tennisti da battere sul rosso, ma riuscirà a ripetersi nei tornei che contano davvero? Riuscirà a fare l’exploit in un Master 1000?
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