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Analisi Benevento-Livorno 1-0: una musica rumorosa, ma non armoniosa

Per definizione, la musica è l’arte che consiste nell’ideare e riprodurre, in maniera strutturata e organizzata suoni e rumori,intervallati fra loro, e soggetti a determinate variabili. Tale successione introduce alle melodie e armonie, elementi principali per generare organismi musicali di senso compiuto.

Melodia e armonia: ciò che fa innamorare di una composizione, ciò che la rende bella e distinguibile da un qualcosa di improvvisato e di poco senso, che raggiunge lo stesso l’obiettivo di amplificarsi e farsi sentire (anche un bambino che percuote una pentola con un cucchiaio “fa musica”), ma lascia con sé un retrogusto che i fruitori non gradirebbero più assaporare.

Questo è ciò che viene fuori dalla performance del Benevento ieri sera al “Ciro Vigorito” nel match vittorioso con il Livorno. 1-0 il risultato finale, tre punti d’oro per sbloccarsi dopo due stop consecutivi e per una classifica corta, che vede il Benevento balzare al quarto posto a un solo punto dalla zona promozione, rappresentata da Hellas Verona e Palermo.

Paradosso è che quanto di buono traspare da questa vittoria potrebbe anche finire qui. Perché l’1-0 dei giallorossi sui labronici è un risultato che fa “rumore” per la sua importanza. Però resta solo un rumore, che principalmente copre suoni spiacevoli e allarmanti di situazioni e di errori in campo che lasciano ancora troppo perplessi e provocano pensieri non certo sereni per quello che la Strega intende raggiungere.

Il Benevento è come un alternarsi, su un foglio pentagrammato, di note messe a caso, che potenzialmente hanno tanto da esprimere ma che nell’insieme coesistono in modo confusionario e poco logico. Note che portano con loro qualità e potenzialità inespresse per una melodia che non riesce a venir fuori. Al Benevento manca l’armonia, la capacità di esprimere colpi e giocate individuali che troppo poco si palesano al pubblico, ingabbiate e offuscate da una mancanza di coralità, elemento fondamentale che permette a una squadra forte di emergere.

Spiegazione chiara e precisa di una squadra che vince quattro partite su sette, numericamente assolutamente in linea con quelli che sono gli obiettivi, ma altrettanto lampante di una squadra che fa una fatica tremenda e commette errori da compagine costruita per altre posizioni di classifica che dopo due mesi non passano inosservati.

Anche perché si sà, la recidività è una delle componenti più aggravanti quando si commettono errori. Il Benevento è recidivo principalmente per quanto riguarda la mancanza di assetto tattico. Un centrocampo (quasi) messo in mezzo da qualsiasi avversario si trovi di fronte, che arriva sempre in ritardo sulle seconde palle, sbaglia i tempi di uscita e di pressing, oltre che di posizionamento in campo.

È preoccupante vedere una squadra troppo spesso sfilacciata e troppo distante fra i reparti, con azioni di attacco demandate ai tre lì davanti poco supportati. Perché una squadra con qualità, ma non applicata, fa il circo. Tralasciando una mancanza di organizzazione e di una struttura che si ripercuote anche su quella che è la qualità generale del gioco, anch’essa ieri deficitaria.

La differenza sostanziale, che permette di analizzare oggi una vittoria dalle precedenti due sconfitte (mettendo da parte una forza comunque differente dell’avversario), è il parziale ritrovamento di una voglia di portare a casa il risultato che tante volte abbiamo detto, fa la differenza, soprattutto in partite brutte e scorbutiche.

Sotto l’aspetto mentale, i giallorossi sono sembrati più sul pezzo e orientati ad una partita magari non convenzionale all’estetica ma che potesse portare al massimo risultato col minimo sforzo.

Bene il reparto difensivo, con un plauso meritato ad un calciatore che in Estate era con la valigia in mano e che adesso è in cima alle gerarchie. Jean-Claude Billong, infatti, è una delle sorprese più liete di inizio campionato. Da necessità è diventato l’uomo su cui fare affidamento. A suo favore non solo considerazioni ma numeri; con lui in campo quattro partite e quattro vittorie, con soli due gol subiti e tre partite da “clean sheet”. In generale, dà ordine e sicurezza ad un reparto che senza di lui balla pericolosamente.

Positiva, sotto il profilo dell’impegno, anche la prova dei tre davanti, che non incidono molto a livello tecnico, ma cercano comunque di prendersi sulle spalle le redini offensive della squadra. È proprio da una giocata di Roberto Insigne, riproposto titolare, che il Benevento guadagna il penalty trasformato da Coda per i tre punti. Note di colore, in uno spartito slegato e poco strutturato, a cui il “maestro” dovrà necessariamente lavorare e tanto per essere apprezzato. Ieri la vittoria era tutto ciò che contava. Va da sé che con prestazioni di un certo tipo il risultato finale non potrà essere sempre lo stesso.

Fra dubbi e perplessità, nonostante tutto, il Benevento è là e per ora fa rumore: riuscirai, Strega, a trovare una dolce melodia?