Analisi Benevento-Lecce 3-3: la vittoria del cuore sulle idee

ANALISI BENEVENTO-LECCE – Succede che entri in campo, per disputare una contesa, e ti ritrovi a fronteggiare una realtà forse inattesa. Succede che inizia la tua battaglia e di colpo forza e certezze che credi di avere svaniscono, non vengono fuori; le cerchi, male, in modo confusionario, facendosi ingabbiare dalla frenesia di non venirne a capo. Di contro, invece, un avversario che ne trova tante, forse anche inattese, forse sperate. Succede che tutto ciò è quello che 13000 spettatori vedono per 70 minuti nell’arena del Ciro Vigorito, dove il Benevento sta soccombendo per 0-3 ad un Lecce che fino a quel momento aveva compiuto la partita quasi perfetta.

Risultato parziale anche eccessivo nella sua entità, ma che significava comunque vantaggio meritato per la squadra salentina, fino a quel momento messa molto bene in campo e per lunghi tratti anche bella da vedere. E gli stregoni? Persi in paure sbocciate come rose a Maggio, ansiosi e frenetici, come uomini che sanno di poter fare ma che non riescono. Che provano a far venir fuori anche nelle difficoltà le proprie caratteristiche, ma peggio fanno.

Ma in tutto questo quadro che a 20 minuti dalla fine sembra già concluso e su cui l’autore ha già messo la firma, c’è un tocco di artista, uno stato d’animo, un sentimento che ancora deve marchiare e in modo pesante quest’opera.

Passione, cuore e orgoglio. Sono tre elementi, che però si possono racchiudere in una sola parola, in una sola denominazione di un popolo: Sanniti.

È tutto quello che ieri a 20 minuti dalla fine è scattato all’interno dei giocatori in maglia giallorossa; l’unico modo o meglio tentativo di rimettere in piedi una situazione che definire compromessa è poco era di affidarsi a quello spirito battagliero che in questa terra si conosce bene. E allora succede che conquisti un calcio d’angolo e che una deviazione vincente di Volta ti rimette in carreggiata. E succede che il Lecce non riesce più a ripartire e all’ennesimo cross in area la palla giunge a Ricci che in girata fa diventare una bolgia il Vigorito. E succede che Asencio che lotta e sgomita si procura il rigore per il 3-3 e per il delirio. E per poco non succede altro.

In una partita d’esordio dove l’attesa era spasmodica, dove la volontà di vincere e se vogliamo la convinzione (grave aspetto) di vincere era grande, e dove inceve stavano calando le tenebre più profonde, viene fuori forse l’aspetto più bello, più desiderato; quello di vedere una squadra compatta, dedita fino all’ultimo secondo a vendere cara la pelle, a non arrendersi e a completare una rimonta quasi epica.

È il più bel bicchiere mezzo pieno che poteva concretizzarsi. Ma questo bicchiere a metà va riempito e in fretta.

La parte vuota è rappresentata dai 70 minuti di quasi blackout della squadra sannita. Smarrimento dettato da una sicurezza esagerata nei propri mezzi? Da consapevolezza di essere forti e invincibili davanti ad un pubblico meraviglioso? Può darsi; e come detto anche nel post partita da mister Bucchi, questa può essere la lezione giusta.

Primi minuti di studio, ritmi non molto alti, con il Benevento che affronta il match in modo cauto, convinto di poter decidere i ritmi. Dopo un paio di occasioni capitate sui piedi di Improta e Coda,  man mano che passano i minuti il Lecce si fa più insistente, complice una manovra di gioco rapida e avvolgente, soprattutto molto più concreta rispetta a quella di un Benevento confuso e incapace di orchestrare il tutto in modo preciso.

Da qui, il vantaggio meritato dei salentini, con Mancosu che conclude una bella azione in ripartenza facendo partire un sinistro a giro imprendibile per Puggioni. La strega accusa il colpo, prova a reagire ma con scarsi risultati. Si va negli spogliatoi sullo 0-1. Molto male il centrocampo, soprattutto dal punto di vista del posizionamento, messo costantemente in mezzo dal palleggio e dalla reattività di un Lecce compatto e ordinato. Non pervenuto Insigne e in generale la catena di destra.

Ripresa. Si parte con un Benevento più volitivo ma sempre ingabbiato bene dal Lecce e dedito a ricercare manovre complicate per rendersi pericoloso dalle parti di Vigorito. E così al 57’ il Lecce raddoppia; Calderoni mette in mezzo dal fondo, Di Chiara sbaglia maldestramente il tempo per l’impatto di testa e liscia il pallone, alle sue spalle arriva Falco che firma il raddoppio. Tre minuti dopo e arriva il gol che avrebbe ammazzato chiunque. Palla arretrata per Fiamozzi che lascia partire un cross lunghissimo che si abbassa improvvisamente; Puggioni non interviene e nell’incredulità generale il pallone si insacca all’incrocio per lo 0-3.

Avrebbe ammazzato chiunque abbiamo detto; non il Benevento di ieri sera. Dopo lo 0-3 scatta qualcosa; una molla, un orgoglio, la volontà di provare a dare tutto per una città accorsa in massa sui gradoni che non può meritare un esordio del genere. Il pubblico continua a spingere e la partita cambia definitivamente al minuto 69’ quando Volta insacca di prepotenza su calcio d’angolo di Viola il pallone della speranza.

Il Lecce non riparte più, il Benevento con vigore prende campo e schiaccia i salentini. I cambi operati da Bucchi, gli inserimenti di Ricci, Asencio e Buonaiuto si riveleranno adeguati. In particolare il primo, quando in girata di sinistro fa esplodere il Vigorito a nove minuti dal termine. Una bolgia, il Benevento sta ancora perdendo la prima partita ma è come se stesse per vincere il campionato. Minuto 87, Coda lavora perfettamente un pallone dalla sinistra, scodella al centro per Asencio che viene atterrato: calcio di rigore. Il delirio. Coda trasforma, è 3-3.

Il Benevento ormai in trans agonistica prova addirittura a portare a casa i 3 punti. Il Lecce però regge. Finisce con gli applausi scroscianti per quei 20 minuti di passione e orgoglio. Va bene così, visti anche gli scenari a mezz’ora dalla fine. Il cuore ha avuto la meglio su schemi e idee annebbiate, che in una partita storta e ad Agosto possono starci; occorre averlo sempre, questo campionato lo richiederà spesso.

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