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Luigi Lamonica a YSport: “Noi arbitri commettiamo errori, vi spiego perchè”

Luigi Lamonica, l’arbitro italiano migliore in attività. Oltre 500 partite allenate in serie A, due anni fa la sua ultima stagione nel nostro campionato. La mancanza di una figura del genere si sente. Stimato in tutto il mondo, da LeBron James, Tony Parker, Kobe Bryant e tanti altri campioni NBA, Gigi, così chiamato dai tifosi italiani, non ha mai perso l’umiltà e la semplicità che lo ha contraddistinto da quando ha iniziato a svolgere questo lavoro.

Nella sua lunga carriera ha arbitrato: 1 Finale Mondiale, 2 Semifinali Olimpiche, 5 Finali Europee, 5 Finali di Eurolega, 3 Finali di Eurocup, 3 Finali di Coppa FIBA, 23 Finali Scudetto, 9 Finali di Coppa Italia e altro ancora. Autore di un bellissimo libro, “Decidere” nel 2011.

Il nostro Gianmarco Abate ha intervistato Lamonica, analizzando l’attuale situazione del campionato italiano, le nuove regole, il ruolo dell’arbitro sul parquet. Una chiacchierata interessante. Di seguito l’intervista integrale:

Buonasera Sig. Lamonica, a poco tempo dalla 5ª finale di Eurolega della sua carriera, com’è stato arbitrare Real Madrid-Fenerbahce? Due squadre incredibili in un’arena spettacolare, quella di Belgrado. Qualche piccola critica sull’operato arbitrale è venuta fuori, ma coach Obradovic ha prontamente evitato l’argomento. E’ stata una finale molto fisica, piena di contatti, difficile da arbitrare?

“È stata una partita estremamente fisica, tra le due migliori squadre d’Europa, con la presenza di super giocatori e di grandissimi allenatori in un’arena strapiena ed una pressione incredibile. Di errori ne abbiamo commessi, come in tutte le partite, nonostante ci fossimo preparati per bene, studiando attentamente le tattiche, i precedenti tra le due squadre, i punti di forza (tanti) ed i rispettivi punti di debolezza (pochi), i possibili match-ups tra i giocatori, gli atteggiamenti degli allenatori e delle panchine nelle rispettive semifinali, i comportamenti dei singoli che ci potessero creare problemi. Eravamo pronti fisicamente, moralmente, tecnicamente eppure errori ne abbiamo commessi, perché in una simile partita i contatti sono frequentissimi, ed è difficile trovare un criterio adeguato alla partita che i giocatori stanno e che vogliono giocare, su indicazioni dei rispettivi allenatori. I roster di entrambe le squadre, lunghissimo, e la posta in gioco, permette anche di rischiare un po’, di esagerare con i contatti. Per noi arbitri è sempre difficile trovare un criterio adeguato ma in queste partite lo è ancora di più, quando la vittoria vale una stagione quando si comprende che ogni fischio può decidere una partita di tale importanza”.

Abbiamo notato una particolare ‘imbracatura’ sotto la divisa arbitrale. Di tanto in tanto la regia attivava la telecamera che avevate addosso, può spiegarci l’introduzione di questo nuovo strumento?

“È una telecamera che il regista può usare per integrare le immagini che ha a disposizione con le normali telecamere. Quest’anno, in più c’era anche un microfono, con il quale si poteva ascoltare la voce degli arbitri e dei giocatori/allenatori”.

Cosa ne pensa del ‘passo zero’ e l’introduzione delle nuove regole che hanno interessato il campionato italiano? Nel 2018 esistono ancora ampi spazi all’interpretazione arbitrale, la vede come una cosa positiva o controproducente?

“Si era tanto parlato della differenza tra Europa ed NBA sulla regola della violazione di passi, specie per quanto riguardava il famoso “reverse”. Io credo che ci sia stata una giusta spettacolarizzazione del gioco in generale introducendo il passo Zero, i giocatori diventano sempre più veloci, ed al pubblico, che è quello a cui si dovrebbe sempre guardare, cercando di attrarne sempre di più e cercare di accontentare nelle loro aspettative, vuole vedere canestri, schiacciate, piroette e non arbitri che fischiano.
Certo se la regola fosse stata copiata integralmente dalla NBA, per noi arbitri sarebbe stato più semplice applicarla specie all’inizio della stagione. Mi spiego meglio: in Europa abbiamo la distinzione di quando il giocatore in movimento acquisisce il controllo della palla. Se lo fa con il piede a contatto con il terreno di gioco, quel piede è il passo Zero, se acquisisce il controllo con il piede staccato dal suolo, nel momento in cui lo tocca quel piede è il passo Uno. In NBA questa distinzione non esiste il piede che tocca il terreno è sempre il piede Zero. Facile a dirsi, se dovessimo giocare io e Lei, ma quando a giocare sono Dixon o Llull, o Le Bron James o Steph Curry per noi arbitri diventa difficile, mentre lo è molto di meno se si è seduti a casa e magari con un replay a disposizione”.

foto: Ciamillo&Castoria fotosopra: Maggitti

Si va sempre di più verso lo stile Nba Lega che, però, non pone limiti di età agli arbitri. Argomento che la interessa particolarmente…non sarebbe il caso di prendere dal campionato americano anche qualcosa di ‘buono’?

“Ci sono tante cose che bisognerebbe prendere di buono dalla NBA, prima del limite di età per gli arbitri: prima di tutto l’organizzazione, poi il rigore con il quale vengono rispettati i regolamenti e la chiarezza delle regole applicate e non parlo delle regole di gioco. Quelle sono ad esclusivo uso dello spettacolo e dello spettatore. Come vede non parlo dell’età arbitrale, quella è una scelta demandata a chi ha una idea di cosa significhi partecipare al gioco in qualità di arbitro. Evidentemente tra Europa ed NBA le aspettative/necessità sono diverse ed io ho rispettato le decisioni, salvo poi non comprendere come si possa cambiare idea dopo sei mesi e qui mi collego a quanto detto sopra”.

I Play-Off scudetto in Italia, ha avuto modo di seguirli? Purtroppo ad Avellino si è verificata una situazione spiacevole. Lei ha arbitrato più volte al PalaDelMauro dove gode di una discreta stima da parte del pubblico irpino. Cosa ne pensa dell’accaduto e quali vede come possibili soluzioni per prevenire tali situazioni? Un suo pronostico per la squadra campione d’Italia di quest’anno…

“Si li sto seguendo e me li sto gustando in televisione ed è sempre un piacere vedere partite del genere con un tale equilibrio. Il pubblico di Avellino è uno dei migliori d’Italia per la sua passione e per il suo calore. Arbitrare ad Avellino e vedere quella Curva completamente verde composta di ragazzi, adolescenti, famiglie è un piacere soprattutto quando incitano la loro squadra del cuore e la spingono fino al proprio massimo, è una gioia anche per un arbitro. Purtroppo però qualche individuo isolato, che dovrebbe essere emarginato ed allontanato da quel fantastico gruppo, rovina lo spettacolo, la gioia di partecipare ad un evento del genere, la reputazione dell’intera Curva e vanifica i sacrifici di chi ha costruito la squadra, di chi ci lavora quotidianamente, ma anche di quei tifosi che fanno sacrifici personali per seguirla ad Avellino ed in ogni campo d’Italia. In quella partita e nello specifico episodio, il fischio mi è sembrato giusto specie in una partita tesa e fisica come quella. Dopo il fischio dell’arbitro un giocatore non può reiterare il fallo o ancor peggio commetterne un altro, per il regolamento questo è un atto intimidatorio e in quanto contatto, la sanzione è un fallo antisportivo. Tirare una bottiglia o corpi contundenti non dovrebbe avere niente a che fare con lo sport, se qualcuno vuole lanciare qualcosa lo faccia all’aria aperta, in un posto isolato senza il rischio di far male a qualcuno, che indossi una maglia da arbitro o anche una canottiera di gioco. Un pronostico? Non ne ho mai fatti, capirà da solo il motivo, e siccome sono arbitro nel mio DNA, non ne faccio neanche adesso. Posso solo dire una cosa che i playoff a 5 gare o a 7 gare, difficilmente premiano una squadra che non ha meritato la vittoria finale. Con un po’ di pazienza avremo la squadra Campione d’Italia, basta godersi questi playoff che mi sembrano intensi e coinvolgenti come al solito”.

Kyrylo Fesenko, lungo ucraino vecchio stampo. Quando ci si ritrova un cestista con quella stazza come bisogna comportarsi?

“Bisogna comportarsi come ci si comporta con tutti i giocatori, tutelarlo quando subisce contatti illegali e sanzionarlo quando è lui a commetterli. Fesenko è uno di quei giocatori che ha bisogno di essere costantemente controllato, non perché è falloso, ma perché la sua fisicità e la sua stazza hanno bisogno di sapere esattamente cosa gli succede attorno. Solitamente è piu alto e grosso del suo avversario diretto, e con la pallacanestro di oggi fatta di Pick&Roll e cambi quasi sistematici in difesa, si trova a giocare con avversari più piccoli di lui. Se non si controlla dall’inizio dell’azione, per un arbitro, diventa difficile decidere chi è tra i due ( qualche volta tre, perché gli avversari per fermarlo devono essere 2 ) ad iniziare l’azione illegale. Lo stesso accade con giocatore come Tavares del Real Madrid o Raduljica ex Milano”.

Qual è il giocatore con il quale ha avuto maggiori difficoltà ad arbitrare e perché?

“Non Le dico un nome, Le dico una tipologia di giocatori: quei giocatori che cercano sempre il contatto nelle penetrazioni, quei giocatori che vogliono farti vedere cose che non sono accadute, giocatori che hanno sempre, o quasi sempre cose da dire, anche su falli a favore perché se fischi a loro favore un fallo personale lo vorrebbero antisportivo, se glielo fischi antisportivo lo vorrebbero squalificante. Ma questo è il loro lavoro, e quello di giudicare è il mio e credo sia normale, a volte, avere opinioni diverse. Però Le assicuro una cosa: che i nomi che Lei ha pensato, alla fine della partita sono dei bravi ragazzi!”.

Las Vegas, Nba Summer League una delle ultime esperienze della sua straordinaria carriera, ha mai valutato l’idea di arbitrare in NBA?

“Non lo avevo mai fatto fino alla scorsa estate, quando incontrai Bob Delaney, allora responsabile del Dipartimento Arbitrale della NBA. Avemmo una bellissima conversazione di 2 ore in un hotel a Roma lui era venuto a trovare sua figlia che studiava in Italia, e mi chiese alla fine della conversazione se volevo ricevere l’invito per la Summer League. La mia risposta fu “ me lo faccia sapere ed io se ho il tempo necessario vengo anche a nuoto”. Per una settimana ho vissuto un sogno ed è stata un’esperienza grandiosa”.

Ha avuto la possibilità di arbitrare molte super-stars NBA grazie ai giochi olimpici ed i mondiali, quale giocatore ricorda con più simpatia (se le viene in mente un aneddoto)?

“Anche qui, tanti nomi e questo mi rattrista un po’ perché non può certo accadere ad un giovane di trenta anni, come piacerebbe a me, essere adesso. Sicuramente uno con il quale ho avuto simpatici siparietti è stato Kobe Bryant, grazie soprattutto al fatto che parla un corretto italiano. Ma Le racconterò quello avuto con Tony Parker a Manila nel Torneo Preolimpico del 2016. Era il mio ultimo Torneo con la divisa Fiba, a quel tempo non sapevo ancora che L’Eurolega mi avrebbe invitato al clinic pre stagionale e dopo aver arbitrato la Finale tra Francia e Canada, sono andato a salutare i giocatori francesi. Con la generazione di Parker, Diaw, il giovane Pietrus, siamo praticamente cresciuti insieme, ho arbitrato il mio primo torneo Fiba da arbitro internazionale, a Creta nel 1996 e nella nazionale Francese c’erano i sopracitati, a quel tempo, bambini. Nel 1997 li ho incontrati nuovamente a Cipro al Torneo di Qualificazione per i Campionati Europei Cadetti che si sarebbero svolti quell’estate in Belgio, e li arbitrai anche in quella fase finale, dove vinsero la medaglia di bronzo. Poi le nostre strade si sono incrociate tante altre volte, in vari Campionati Europei giovanili, prima che tutti loro diventassero delle stelle affermate in NBA. Ed il nostro incrociarsi è continuato nelle varie edizioni di Eurobasket 2011 Lituania, 2013 Slovenia e 2015 Francia. Insomma ci conosciamo bene da tanto tempo. A Manila entrando nel loro spogliatoio, mi tremavano le gambe, non avevo mai fatto una cosa del genere, ma sentivo di doverlo fare. Sono entrato ed ho fatto a tutti loro un in bocca al lupo per Rio, il loro allenatore Collet mi disse “ dai ci vediamo tutti a Rio” ma io risposi a lui ed a tutta la squadra che Manila era stato il mio ultimo Torneo Fiba da arbitro, che non ero stato designato per quell’Olimpiade, e che limiti di età sarei stato pensionato da lí a poco. Parker si alzò dal suo posto e mi venne ad abbracciare “Luigi ci conosciamo da tanto tempo, mi dispiace tanto”. Il giorno dopo nella lounge dell’aeroporto di Manila in attesa del volo di ritorno a casa, entra tutta la delegazione francese giocatori, staff e qualche parente tra cui il padre di Parker ex giocatore di buon livello che ha calcato diversi campi in Europa. Vedendomi mi viene incontro e mi dice “ Sig. Lamonica, Tony mi ha detto che ieri è stata la sua ultima partita, vedo tante partite di Eurolega da San Antonio perché mi appassionano, le faccio i miei complimenti per la sua carriera”.

Grazie per la disponibilità, Luigi

“Grazie a voi, ragazzi di YSport”.

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