YSport

Leo Messi al PSG: niente sarà più lo stesso

Era un caldo giorno d’agosto come tutti gli altri, a un tratto un fulmine a ciel sereno. Ore 19.30, comunicato ufficiale Barcellona: “Non ci sono margini. Nessuno è più importante del Barcellona, neanche Messi. L’argentino non rinnoverà il suo contratto con i blaugrana. Grazie per tutto, Leo.” (Joan Laporta, Presidente Futbol Club Barcellona).

Sorrido scuotendo la testa. Poi strofino gli occhi e rileggo con più attenzione. Un minimo dubbio che possa essere una mossa per smuovere gli equilibri delle trattative con Tebas e La Liga. Poco dopo, video saluto e annuncio di una conferenza stampa all’indomani. Niente, è tutto vero. La rottura è ormai consolidata. Messi lascia il Barcellona. È la fine di un’era. Una pagina di storia del calcio incomparabile con tutte le altre.

21 anni dopo. 810 partite dopo. 683 goal dopo. 35 titoli dopo. 6 palloni d’oro dopo. Lionel Andrés Messi Cuccittini, definito da Pep Guardiola “Il giocatore più forte di tutti i tempi”, lascia la squadra che lo raccolto da bambino e lo ha trascinato nell’olimpo del calcio.

“Non ci sentiamo in colpa, abbiamo fatto il possibile. Il comportamento di Leo? Aveva accettato tutto, è stato encomiabile” (Joan Laporta). Nessuno si sarebbe aspettato una fine del genere, neanche dopo i primi indizi della scorsa estate. In un calcio moderno dove la fedeltà alla maglia è diventata un lontano ricordo, Messi rappresentava da sempre uno dei pochi baluardi rimasti legati ad una sola casacca. E anche in questa vicenda, Leo aveva accettato di dimezzarsi il faraonico ingaggio per rimanere fedele alla causa. Purtroppo, però, la favola non ha avuto un lieto fine.

“Messi è il migliore di tutti, gioca dove e come vuole. Senza mancare di rispetto a chi c’era prima non ci sono paragoni, non c’è niente da fare. Alcuni confronti sono ridicoli. Il migliore di sempre è solo uno” (Luis Enrique).

Sono tanti gli stereotipi che accompagnano la sua carriera. Fra tutti il mancato trionfo con l’Albiceleste (Selección, se preferite) in una competizione internazionale, sfatato proprio quest’anno con la vittoria della Copa America 2021. Su tutti, invece, la poca voglia di mettersi in gioco con una casacca diversa da quella blaugrana. Nell’anno del trionfo con l’Argentina, nell’anno del possibile settimo pallone d’oro, quale momento migliore per dimostrare a tutti il proprio valore in un campionato diverso e magari più competitivo dalla Liga?

Un sogno. Che sogno rimarrà, purtroppo. Perché Messi, a 24 ore dalla notizia del mancato rinnovo del Barcellona, sceglie il Paris Saint Germain. L’unica squadra a poter sfruttare l’opportunità. Le altre non possono permettersi un ingaggio così alto, il Manchester City del suo amico Pep Guardiola potrebbe, ma ha appena acquistato Grealish per 117 milioni di euro dandogli la maglia numero 10. Dalle parti dei Citizens qualcuno si starà mangiando le mani. E allora, rimane solo Parigi. Quando ti offrono 35 milioni di euro all’anno, nel calcio di oggi, non ci metti molto a dire “Sì, vengo”. A confermare la trattativa, sui social network, è anche lo sceicco Mohammed bin Hamad bin Khalifa Al Thani, fratello dell’emiro del Qatar, che annuncia su Twitter la firma della Pulce.

Scelta discutibile? Il trasferimento di Messi dal Barcellona al Paris Saint Germain è uno schiaffo al calcio, quello romantico. Possiamo dire addio definitivamente ad ogni velleità di pensiero sul calcio giocato per passione, per raggiungere obiettivi sportivi. Perché un conto è vedere Van Persie dall’Arsenal al Man Utd, Figo dal Barcellona al Real Madrid, Higuain dal Napoli alla Juve, Fernando Torres dal Liverpool al Chelsea. E potremmo citarne tanti altri. Un altro è se a compiere una scelta del genere è Leo Messi. Perché Messi finora ha rappresentato tutti noi. Tutti noi che amiamo il calcio. Ed è per questo che ci arrabbiamo. È per questo che vederlo giocare in un campionato come la Ligue 1 farà male al cuore.

Leo, condizionato dal rapido scorrere degli eventi, ha fatto la scelta più comoda e remunerativa. Perché andare al PSG, in questo momento, fa onore solo al Dio Denaro. E forse la critica aveva proprio ragione: Messi, un alieno con i piedi, pecca in leadership e mentalità.

“Esistono due modi di giocare in una squadra. Il primo è riuscire a trasmettere la propria forza a tutti gli altri giocatori, facendo in modo che tutti quanti diano il meglio di loro ed alzino il proprio standard. L’altro è quello di ricevere la forza di tanti giocatori che, con questa forza, fanno in modo che tu sia semplicemente più forte del mondo.” (Alessandro Polce).

Qualche detrattore potrebbe paragonarlo al suo eterno rivale, quel CR7 che in quanto a carisma e leadership non ha nulla da invidiare a nessuno. Il portoghese è un altro con uno stipendio faraonico, ma Cristiano lo scorrere degli eventi lo ha comandato, non lo ha subito.

Al di là di ogni discorso puramente romantico, però, il problema reale restano le istituzioni calcistiche.

“Con la UEFA proteggiamo il calcio” (Al-Khelaifi, Presidente Psg).

“Al-khelaifi, grande uomo che rispetta il calcio rispetta il calcio e i suoi valori” (Aleksander Ceferin).

Il calcio romantico è morto definitivamente oggi. E non ci sarà più alcuna possibilità di farlo risorgere, neanche i tentativi di boicottaggio di fantomatiche superleghe.

Ha ragione Gerard Piqué: “Niente sarà più lo stesso”. Sia per Messi, sia per il mondo del calcio.

Leggi anche:

La “Superlega all’italiana” è servita: la nuova Coppa Italia fa schifo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *