Ai microfoni di YTalk, Diego Falcinelli ha raccontato la sua nuova vita a Belgrado e la sua esperienza con la maglia della Stella Rossa: dalle difficoltà iniziali al derby vinto lo scorso 7 aprile, passando per il rapporto con mister Dejan Stankovic e la rivalità con il Partizan. In un periodo storico simile, impossibile non parlare della creazione della SuperLega.
Diego Falcinelli a YTalk
Queste le dichiarazioni rilasciate da Diego Falcinelli a YTalk: “Prima di approfondire la sua È stato tutto molto veloce: ho ricevuto la chiamata di mister Stankovic e alla fine ho deciso di accettare, soprattutto per le competizioni europee. Poi, essere allenato da un grande allenatore e da un grandissimo ex giocatore mi ha invogliato ancora di più ad accettare questa sfida. Senza Stankovic non avrei accettato di venire qui.
La Super League? È stata fatta e costruita solo e soltanto per una questione economica, perché tutte le squadre che ne faranno parte sono piene di debiti. Credo che con il calcio c’entri poco e niente, i valori del calcio sono ben altri. Penso che fare una lega chiusa e solo per determinate squadre sia una cosa oscena. Tante squadre sono un po’ emarginate dal calcio che conta, fanno fatica in Champions League da moltissimi anni. Pensare di poterle vedere ogni anno in questa competizione credo sia una cosa veramente brutta. Ormai lo sappiamo, si guarda esclusivamente ai soldi e credo si sia perso un po’ il valore affettivo del calcio. Il calcio è passione, il calcio è sempre stato dei tifosi.
Il destino dei calciatori adesso? Credo che i giocatori in questa situazione c’entrino poco e nulla. Pagano a caro prezzo le scelte delle rispettive società. Credo che difficilmente un giocatore si trasferirebbe in uno di questi club, perché rischierebbe di non giocare più un Europeo o un Mondiale. Poi il fattore economico farà la differenza come sempre, quindi non so come andrà finire. Spero che si possa tornare alla normalità, magari aggiornando la Champions League come stanno facendo. È qualcosa di veramente brutto quello che si è creato.
Differenza fra Italia e Serbia? Penso ci sia molto da imparare dal punto di vista ambientale e dell’organizzazione. Credo che in Italia siamo rimasti molto indietro. A livello ambientale, fin da piccoli ti fanno studiare due lingue, tutte le persone parlano due lingue e tutti parlano inglese in tutti i negozi e in tutti gli ambienti.
Come vive il calcio un serbo? Diciamo che quello è il fattore positivo-negativo qui. Ci sono 4-5 squadre a Belgrado, ma sostanzialmente ci sono Stella Rossa e Partizan, che sono due club storici e vincenti. C’è molta pressione qui. Chi vive in Serbia tifa o Stella Rossa o Partizan.
L’accoglienza al mio arrivo? Mi hanno accolto benissimo, devo dire la verità. Vogliono che rispecchi la loro personalità: vogliono che lotti in mezzo al campo, non mollando su ogni pallone, e loro hanno apprezzato sin da subito la mia personalità e il mio modo di giocare. Confronto coi tifosi prima del derby? No, perché qui il derby è vissuto come non avevo mai visto. C’è un odio profondo. Vincere il derby dopo 3 anni che la Stella Rossa non ci riusciva è stata un’emozione veramente grande.
Il Maracanà di Belgrado? Io venni qui già con il Sassuolo per un preliminare di Europa League: quando fummo sorteggiati con la Stella Rossa, vivemmo la cosa con un po’ di timore, perché è una società rinominata in tutto il panorama europeo. Già all’epoca fece un grande effetto scendere nel tunnel che porta al campo, poi ho avuto l’opportunità
Stankovic uomo? Rispecchia esattamente il serbo, la persona serba. Avevo già conosciuto Mihajlovic, sono persone dirette, schiette, che se hanno qualcosa da dirti te lo dicono in faccia. Ho sempre apprezzato tanto persone così nella mia vita. Ha un carattere pazzesco, come da giocatore, è un animale in persona. Ha un grandissimo rapporto con tutti i giocatori, perché quando sei diretto e sei onesto, ti torna sempre indietro la gratitudine. Tutti parlano bene del mister e dello staff, sono convinto che farà una grande carriera.
Il tandem con Pippo Falco? Lui è arrivato a gennaio, siamo compagni di stanza in ritiro. Per lui è stato ed è tuttora difficile, perché sapeva pochissimo l’inglese e ha avuto un po’ di difficoltà ad ambientarsi. Ora si è preso anche lui un insegnante di inglese e lo sta studiando
Il cibo serbo? Si mangia molto bene, la carne è veramente molto buona, quindi non mi posso lamentare. Poi ci sono anche delle montagne qui intorno, dove andiamo con i compagni quando abbiamo delle ore libere. C’è una parte della città in mano agli sceicchi, che stanno costruendo dei grattacieli e dei quartieri dove vivono già alcuni giocatori, nonostante sia ancora in costruzione.
La mia giornata tipo qui? Ho fatto un po’ di fatica qui inizialmente, perché la vita è molto più tranquilla, ci sono orari diversi e i ritmi sono meno frenetici. La mia giornata tipo è molto semplice: accompagno mia figlia a scuola, vado all’allenamento, poi vado a prendere mia figlia a scuola, faccio due passi con lei e poi rivado a fare all’allenamento. Senza mia figlia non credo che sarei venuto qui, perché ho bisogno della sua presenza e di sentirla vicino a me. Non è stato facile soprattutto per lei all’inizio, per la lingua e per il cambio di cultura e di paese, ma devo dire che si adattata molto bene con il tempo.
Un mio ritorno in Italia? Onestamente non lo so, non sto pensando al futuro. Mi piacerebbe tornare in Italia, ma adesso sto vivendo questa esperienza e penso a chiudere bene questa stagione. Poi a luglio del prossimo anno avremo i preliminari di Champions League e sicuramente tornerò qui a Belgrado per giocare quelle due partite. Addio di Stankovic? Lui ci sarà sicuramente per i preliminari di Champions League, poi non so cosa deciderà lui o la società.
Offerte dall’Italia in estate? Quella di venire qui è stata una scelta istintiva. Avevo ancora 2 anni di contratto con il Bologna quando mi chiamò il mio procuratore, che mi propose questa opportunità importante, soprattutto per la partecipazione alle competizioni europee. Potevo rilanciare la mia carriera e quando ho saputo che il mister mi voleva a tutti i costi, ho deciso di accettare questa sfida.
Il gioco in Europa? Noi abbiamo giocato due volte contro il Milan, ma la squadra che ha dimostrato di avere un gioco europeo siamo stati noi. Quello che ho percepito proprio in quelle due partite è che si va sotto ritmo in Serie A. In Italia ci si concentra molto sulla qualità e sulla tecnica, ma in Europa non basta questo, perché il calcio è molto più veloce.
La piazza italiana a cui sono più legato? Diciamo Perugia, perché è anche la mia città d’origine. Ma sicuramente anche Crotone, perché ho legato veramente con tantissime persone. Per anni sono andato in vacanza con gente di Crotone, con cui ho stretto rapporti di amicizia importanti, che durano anche oggi. Crotone mi è rimasta nel cuore. Poi, sicuramente, l’andamento in campo ti porta a rivalutare positivamente tutte le cose. Ho un bellissimo ricordo di quell’esperienza.”
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