Analisi Atalanta-Benevento 1-0: Strega penalizzata dalla differenza di qualità

Qualità, tecnica individuale. Si potrebbe semplicemente spiegare così, con questi due termini, il risultato maturato ieri all’Atleti Azzurri d’Italia tra Atalanta e Benevento. Di seguito l’analisi del match che ha segnato la quattordicesima sconfitta consecutiva della Strega.

Sì, perchè a far pendere l’ago della bilancia verso i bergamaschi, lasciando gli stregoni ancora fermi al palo, è stata la differenza tecnica che intercorre fra le due squadre. Compagine quella orobica che ne ha da vendere, squadra quella sannita che ne dimostra davvero poca, a tal punto che per molti dei suoi interpreti sembra un’illustre sconosciuta; e se a questo aggiungiamo che si potrebbe fare ancora qualcosa in più per sopperire a tali mancanze, è naturale che una partita come quella di ieri saremmo sempre destinati a vederla finire con la gioia dei diretti avversari.

Bastava davvero poco per portare a casa qualcosa, cancellare quel numero vuoto, triste e intriso di incompiutezza dal nome della squadra giallorossa e della cittá sannita. Per quello che abbiamo visto ieri, non ci sentiamo di condannare lo spirito e il modo di affrontare la prestazione che nel complesso ha offerto il Benevento.

La versione “Monday Night” bergamasca dei giallorossi, è un connubio di attenzione e abnegazione. De Zerbi decide di schierare nuovamente un 4-3-3 che in fase difensiva si tramuta in un 4-5-1 dai ranghi serrati. Quattro novità di formazione rispetto alla gara precedente: Lombardi prende il posto di Ciciretti, infortunato, sulla destra, insieme a Venuti che sostituisce lo squalificato Letizia. Al centro della difesa Djimsiti ha una maglia da titolare a discapito dell’influenzato Antei e novità più grande l’inserimento sulla linea mediana di Lorenzo Del Pinto, che non giocava dalla sconfitta in casa contro il Torino, al posto del regista Viola.

Partiamo proprio dagli ultimi due protagonisti scesi in campo ieri sera. Già, Djimsiti e Del Pinto, due che ieri secondo le premesse non dovevano giocare. Il primo, in ballottaggio con Antei, non giocava dalla sciagurata trasferta di Cagliari, il secondo finito nel dimenticatoio (purtroppo) dopo il match contro i granata piemontesi. E ieri, migliori in campo del Benevento.

Il difensore albanese non sbaglia praticamente nulla, sempre sul pezzo, puntuale quando c’è bisogno di anticipare, attento e preciso quando c’è da temporeggiare. E’ tosto, fa valere il suo fisico e rimedia agli errori dal suo compagno di reparto, quel Costa che dovrebbe dare esperienza ma che per ora fornisce solo eterne insicurezze.

L’augurio è che l’ottima prestazione di ieri, possa procurare a Berat lo spazio che in questo momento meriterebbe, a discapito di chi non mostra nulla, se non il suo lato negativo con amnesie perpetuate ed errori macroscopici in impostazione, che rischiano di mandare gli avversari in porta con semplicità disarmante.

E poi c’è lui, il soldato Lorenzo Del Pinto: uno dei tre superstiti, insieme a Lucioni e Ciciretti, della splendida cavalcata dalla C alla A. Sì, è un guerriero Del Pinto, un soldato fidato ieri diventato generale. Non solo si conquista nuovamente il posto da titolare ma lo fa indossando la fascia di capitano al braccio. E lui per quello che ha fatto per il Benevento in questi tre anni, per lo spirito che mette quando entra in campo, per l’uomo che è (mai una polemica, mai una parola fuori posto, solo tanto sacrificio e umiltà e una voglia matta di sudare quella maglia) la merita eccome.

Mister De Zerbi lo rispolvera per dare compattezza ad un centrocampo spesso e volentieri slegato. Sarà un caso ma ieri la linea mediana del Benevento è stretta e compatta, l’Atalanta fatica a trovare spazi. Lui si piazza al centro nei tre, e come un mastino va su tutti i palloni, non lascia fiatare nessuno con la maglia cromaticamente differente al bianco. E se pur con i suoi limiti tecnici, Del Pinto ha la capacità di nascondere queste negligenze più di chiunque altro. Lui è addetto a fare legna, nessuno come lui ci riesce. Tutto ciò ne fa il miglior uomo su cui il Benevento a centrocampo può fare affidamento in questo momento.

Il Benevento quindi è solido e compatto e cerca di pungere in contropiede con Armenteros, che si conferma in ottima forma e si costruisce due ottime occasioni: la prima su una ripartenza ben orchestrata, dove rientra e prova il tiro di precisione dal limite; di poco fuori. La seconda, forse la palla gol più nitida di tutta la prima frazione, con un colpo di testa in elevazione che Berisha riesce a respingere con un guizzo sulla linea di porta. Sì, avete capito bene, l’occasione migliore alla fine l’ha avuta il Benevento. L’Atalanta, come da copione, ha costantemente il pallino del gioco ma si crea pericolosa solo con un taglio di Hateboer che di testa mette a lato e una conclusione di Cristante sulla quale si immola Del Pinto. Brignoli, di fatto, non è mai impegnato se non in qualche uscita. Note negative per i giallorossi, le troppe palle perse in fase di ripartenza ed errori tecnici troppo marcati che saranno il preludio a ciò che succederà nella ripresa.

Si riparte, ma nel Benevento non c’è Armenteros (bloccato da dolori allo stomaco, era entrato in campo influenzato); al suo posto a sorpresa Puscas. La partita scorre sulla falsa riga del primo tempo, il Benevento arranca un po’ per fatica, ma nel complesso contiene bene gli attacchi di un’Atalanta pericolosa solo con un inserimento di Masiello. Fino a che il Benevento “decide” di perdere un’altra partita.

Quindici minuti al termine, palla a centrocampo per Puscas che cerca un appoggio laterale verso Di Chiara; il tocco, come tutti quelli effettuati fino a quel momento dal rumeno, è sporco e lemme. La Dea recupera palla e riparte, trova lo spazio giusto Cristante che vede lo spiraglio e infila Brignoli con un destro chirurgico: 1-0. Non succederà più nulla.

Abbiamo ovviamente evidenziato l’errore che più è costato caro al Benevento, ma ieri di errori tecnici ce ne sono stati davvero troppi e marcati per questa categoria. Da quelli di Costa, già evidenziati in precedenza, a quelli di Di Chiara e Venuti che hanno messo tanto impegno e voglia, ma in fase di costruzione appoggi fuori misura, stop che diventavano uno-due con l’avversario, non si contavano. Al netto della penultima punizione che poteva rappresentare una buona occasione per la compagine campana, con l’esterno sinistro che calcia più erba che pallone rischiando anche di farsi male. Non dovrebbe, ma può capitare.

In linea mediana, molte le imprecisioni di un Chibsah purtroppo involuto (aveva limiti tecnici anche in serie B, ma corsa, fisico e un cuore enorme cancellavano le imperfezioni) e di un Cataldi, che ha invece tutti i mezzi tecnici per dare qualitá al Benevento ma che un po’ per indolenza e un po’ per una situazione mentale particolare (non solo sua, ma di gran parte della squadra) non riesce ad emergere. E il Benevento, invece, ne avrebbe enorme bisogno.

Anche i cambi a disposizione non aiutano: Puscas entrato già stanco, fa rimpiangere e non poco il primo tempo di Armenteros. Lo stesso Kanoutè, subentrato a D’Alessandro con i crampi, ci ha messo anche volontà, voglia di dimostrare qualcosa ma il suo bagaglio tecnico (e non è colpa sua) è ancora poca roba per la serie A, e per un ragazzo che faceva fatica a trovare continuità in Serie C.

Benevento, probabilmente è anche questione di testa, ma per sopperire a delle mancanze bisogna rimediare con altre, da esprimere al massimo. Cuore grinta e applicazione, ci siamo quasi…(forse).

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