Benevento-Milan 2-2: storia e magia, i caratteri di un romanzo giallorosso

Scrivere oggi è particolare, è strano, è per certi versi “difficile”. Ma è una piacevolissima difficoltà, quella che ognuno degli spettatori presenti al Ciro Vigorito di fede giallorossa possono provare.

È difficile, perchè per raccontarvi quello che è accaduto ieri ad ora di pranzo ci vorrebbe forse un libro. Anche 24 ore dopo, a mente più fredda e calma (ma nemmeno poi tanto), i pensieri, le emozioni, le sensazioni si accavallano fra di loro tanto che venga naturale esternandole tutte insieme, da lasciarsi andare di nuovo con quel boato sannita che rimarrà nella storia.

Già, meravigliosa storia, quella che ieri si è scritta a Benevento, un racconto fantastico, meraviglioso, che si è fatto attendere per quattordici lunghi turni nel capoluogo campano e che ieri ha ripagato delle tante delusioni subite.

Una palla scagliata in mezzo, una torsione di testa e la palla che termina nel sacco; quante volte il mondo del calcio ha assistito a queste marcature. Ma questo gesto, che può apparire banale e forse anche un po’ freddo descritto in questo modo, contestualizzato a come si è verificato sul manto erboso del Vigorito assume i contorni di una magia che lo sport assume quando scende nella città delle streghe.

Si, perchè ormai quando il tifoso del Benevento, ogni domenica, indossa la sciarpetta giallorossa per salire sui gradoni, sa già che potrà assistere a qualcosa di incredibile, nel bene o nel male. Il calcio, nella città delle streghe, è terreno fertile per destini incredibili, irreali.

Sono circa le 14,25 di una Domenica plumbea di Dicembre, il Benevento che ospita in casa il blasonato Milan sta perdendo 1-2 ; fin qui nulla, purtroppo, di diverso, solo la quindicesima sconfitta che si prospetta inesorabile per la truppa di De Zerbi.

Arriva una palla sulla fascia a D’Alessandro, che dopo una partita di sacrificio, trova ancora la forza, col cuore, di sprintare su un freschissimo Abate, subentrato a partita in corso. D’Alessandro corre, Abate lo butta giù; è punizione.

Sul pallone Cataldi, il resto tutti a saltare nell’area di rigore, quelli con la maglia bianca meneghina a protezione di una vittoria sofferta, quelli in nero sanniti per provare l’ultimo disperato assalto. Ma c’è un particolare; fra questi uomini in bianco e nero se ne aggiunge uno, in verde fluo, con dei guanti alle mani.

Il portiere del Benevento, Alberto Brignoli, sale convinto da giocatori e tifosi, nel tentativo, disperato, di creare più scompiglio possibile nell’area avversaria. L’arbitro fischia, Cataldi pennella in mezzo a quel nucleo di giocatori. Ad un tratto quella figura in verde si alza, spicca il volo, lo guardano tutti dal basso verso l’alto. Impatta il pallone di testa,in torsione, in anticipo su Musacchio.  La sfera va dritta spedita verso l’angolo più lontano, tocca terra, termina la sua corsa in rete. E’ goal.

Avete capito bene, non abbiamo omesso nulla, non c’è nient’altro da aggiungere, il goal è di Alberto Brignoli. È il delirio, per quel gesto tecnico visto miliardi di volte, ma che è diverso da tutti i tanti, è speciale.

Il goal di Brignoli consegna alla storia lui e il Benevento. Arrivato al 95′ , minuto spesso fatale al Benevento e che questa volta regala gioia e lacrime dolci, dona ai padroni di casa il primo punto nella massima serie della propria storia calcistica. E già, di solito un portiere regala la vittoria alla propria squadra compiendo una parata eccezionale, parando un rigore, non segnando in torsione di testa in tuffo, nemmeno ai migliori attaccanti riesce spesso un gesto tecnico simile.

Ma il romanzo mica termina qui; Alberto Brignoli è il quinto portiere nella storia della serie A ad entrare in classifica marcatori. Un goal dell’estremo difensore non si vedeva dal 2001, dalla rete di Taibi in un Reggina-Udinese. Brignoli entra nella storia del calcio e al suo fianco ci sarà il nome della squadra con cui l’ha fatto, il Benevento. La stessa squadra sbeffeggiata, presa in giro, etichettata come realizzatrice di record negativi, azzera tutto.

La squadra giallorossa adesso è sulla bocca di tutti, di tutto il mondo, non per l’ennesima sconfitta, non per essere presa in giro, ma per essere protagonista di un qualcosa di straordinario.

Brignoli, soprannominato il Colibrì, ha davvero spiccato il volo. In quel tuffo c’è disperazione, pazzia, voglia di andarsi a prendere qualcosa di meritato e volutamente cercato, determinazione, cuore grande come un oceano. Con il numero 22 sulle spalle, autore del goal proprio del possiamo definire “mistico” 2-2.

Ma oltre a tutto questo, c’è la gioia, la contentezza di un popolo che dopo 14 sconfitte ha raccolto una delle emozioni più grandi della propria esistenza nel modo più assurdo. E’ a loro che va il pensiero; sono cose che fanno bene al calcio vedere una città amare la propria squadra fino all’ultimo secondo, anche dopo periodi negativi, anche dopo sacrifici non ripagati. Il goal di Brignoli, (ci perdonerete il ripeterlo tante volte, ma forse per quello che rappresenta lo abbiamo fatto anche poco e sono le tre parole più liete che in queste ore un Beneventano può sentire e ripercorrere) ha unito tutti, in un boato che sa di liberazione.

Una partita, quella di ieri, che ha mostrato sopratutto a livello mentale i progressi già mostrati a Bergamo. Ieri il Benevento ha disputato una partita gagliarda, condita ancora da qualche errore di troppo sicuramente, ma intensa, di volontà. Non si è mai arresa la compagine di De Zerbi, pronta a dare battaglia su ogni palla.

E non siamo esagerati nel dire che forse il pareggio va pure stretto ai Campani per quella che è stata la prestazione complessiva. Il Milan milionario di Gattuso è stato spesso costretto a chiudersi nella propria metà campo; oltre le due marcature di Bonaventura e Kalinic, con difesa beneventana ancora da rivedere, si conta solo un tiro nello specchio della porta.

Dopo un primo tempo tutto sommato equilibrato, è nella ripresa che il Benevento esprime il meglio. Pareggio al 50′ di Puscas, che è lesto a ribadire in rete una respinta di Donnarumma dopo il bolide da fuori area di Letizia. Che partita per i due; Il rumeno fa sudare e non poco Bonucci, che perde numerosi duelli fisici e aerei. Il secondo autore di una prova perfetta per attenzione e dedizione, sporcata solo da quel retropassaggio scellerato che poteva reagalare il goal a Kalinic ad inizio partita. Le sue “galoppate” sulla fascia sono una spina nel fianco per la difesa rossonera, che vede culminare la propria sofferenza sull’espulsione di Romagnoli che stende il terzino napoletano in ripartenza.

La rete di Kalinic, colpevolmente dimenticato da Costa, illude solo i quasi 2000 sostenitori milanisti, che una mezz’ora più tardi dovranno fare i conti con la storia che ha fatto innamorare il mondo.

Cuore, grinta, passione. Il Benevento è  una squadra di livello tecnico inferiore agli standard della serie A, ma bastano quei tre elementi espressi al massimo (e non dite che non ve lo avevamo ampiamente detto) per battagliare con tutti e scrivere altri “romanzi” a tinte giallorosse.

Chiudiamo doverosamente con lui, con l’autore di questo capolavoro. Alberto Brignoli, forse non percepirai bene nemmeno tu tutti i significati immersi nella tua marcatura, quel che è certo è che il tuo nome non sarà mai dimenticato. Il tuo nome inciso con una maglia giallorossa sulle spalle.

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