Benevento, “finita è quando arbitro fischia”

“Finita è quando arbitro fischia”. Abbiamo voluto iniziare così, citando e rivisitando una celebre frase di uno dei grandi del passato, lo slavo Vujadin Boskov. Una massima rimasta nella storia del calcio che al Benevento si addice perfettamente, solo sostituendo il termine “rigore”. Sì, perchè ai giallorossi di questo terzo di stagione sembra “sfuggire” questo dettaglio.

E’ eloquente, infatti, come il Benevento abbia perso per strada punti pesantissimi nei secondi finali di partita e più ampiamente nelle seconde frazioni di gioco. Le partite che più fanno “male” ai sanniti sono principalmente tre: sicuramente quella con il Torino alla terza di campionato, una gara per lunghi tratti dominata sul piano fisico e tecnico, terminata con l’inserimento di Iago Falque che fa volare i granata e svanire i primi punti, già assaporati (e sarà solo la prima volta), dalla compagine di Baroni.

In ordine cronologico arriviamo alla disfatta di Cagliari: è la prima in panchina per De Zerbi, e il Benevento dopo essere stato aggrappato per 94 minuti alla partita, perviene al meritato pareggio con Iemmello, che realizza il suo primo gol con la casacca giallorossa, trasformando lucidamente dal dischetto. Panchina in campo, salti di gioia, forse il vento sta cambiando. Nemmeno per sogno. Neanche il tempo di rimettere palla al centro che a partita praticamente finita, arriva una folata gelida, violentissima, letale, pronta a spazzare ogni sogno di gloria, che si manifesta nella torsione perfetta di Pavoletti dopo l’indisturbato cross di Faragò.

E dulcis in fundo, arriviamo all’epico finale di due giorni fa contro il Sassuolo. Sappiamo tutti come è andata, sarebbe solo un ulteriore “mazzata” ridisegnare il quadro spietato creato da Peluso e retroguardia beneventana.
Al netto di questi tre episodi clamorosi, è tuttavia  da tenere in considerazione la quantità di punti persi fra prima e seconda frazione di gioco. Volendo stilare una classifica al 45′ del primo tempo, il Benevento avrebbe 8 punti in classifica, meno due dall’attuale quart’ultima in classifica, la Spal di Semplici, che ha collezionato 10 punti.

Il Benevento, al rientro dagli spogliatoi, ha lasciato punti per strada a Genova nella prima storica sfida in Serie A, alla fine di una partita equilibrata, in cui il gol di Ciciretti aveva illuso di poter ambire a ben altro campionato. In casa col Bologna, dove lo 0-1 di Donsah agli inizi della ripresa non fu rimontato, anche in maniera beffarda con l’ausilio del VAR. Nella partita col Torino precedentemente descritta. Nella gara del Bentegodi contro il Verona, causata da un’espulsione evitabilissima sul finire di prima frazione. Dopo lo storico primo tempo dell’Allianz Stadium, dove il tabellino recitava Juventus-Benevento 0-1 (ma fra tutte questa è quella dove più ci può stare perdere punti). E appunto nell’ultimo match casalingo contro il Sassuolo.

Questo sta a testimoniare che l’atteggiamento del Benevento nell’affrontare le gare non è così negativo come i risultati possano far pensare (se escludiamo le parentesi Napoli-Roma-Crotone-Fiorentina). È invece chiaro come il Benevento entri in uno status di ansia e pressione man mano che passano i minuti e il pallone inizia a scottare. E’ ovvio che di base ci sia un’inesperienza marcata nell’affrontare le avversità di tali situazioni, oltre che un gap tecnico che non aiuta di certo. Cosi come è palese, che gli episodi avvenuti ad inizio stagione hanno contribuito a far salire timori, la paura incondizionata di non riuscire a portare a casa il frutto del proprio lavoro.

Ma tutto ciò non può e non deve giustificare una mancanza così marcata di attenzione ai dettagli per una squadra che, qualsiasi punto possa guadagnare, deve necessariamente imparare a custodirlo gelosamente.