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Rieti Calcio, dimissioni del direttore Pavarese: la lettera aperta

Rieti Calcio nel caos più totale. Dopo il 5-1 incassato dalla squadra a Vibo Valentia e lo sciopero annunciato dai giocatori tramite un comunicato dell’AIC, sono arrivate le dimissioni del direttore Luigi Pavarese, responsabile dell’Area Tecnica del club laziale.

Una lettera aperta che racchiude tutta l’amarezza e la rabbia di un dirigente che ha fatto calcio in piazze importanti nella sua lunga carriera.

“Termina dopo poche settimane la mia avventura al Rieti Calcio da Responsabile dell’area tecnica. Mentre ancora rifletto su quanto è accaduto in questo breve arco temporale, – scrive Pavarese – davanti agli occhi mi danzano alcune parole: sfida, amore, calcio, credibilità, tutte parole che ben si adattano alle circostanze che mi costringono a lasciare Rieti e il Rieti.

Sì, perché quella che avevo accettato poche settimane fa era un’autentica sfida, vista la situazione societaria che mi attendeva; una sfida che ho però accettato grazie al mio grande amore per il calcio, un amore antico e solido che come sempre mi ha spinto a mettere tutto me stesso nel progetto, dedicando ogni energia e ogni minuto nella mia giornata al Rieti.

Alla breve ricostruzione, manca una parola, è vero, ed è credibilità, manca perché la mia credibilità acquisita in anni e anni di calcio in grandi piazze e accanto a personaggi di grande spessore umano e professionale, l’hanno scalfita, è stata usata, e l’ho capito troppo tardi, come specchietto per le allodole, infine è stata quasi completamente distrutta.

Agli occhi dei calciatori e dell’intero comparto tecnico, infatti il mio arrivo a Rieti faceva rima con un progetto serio, con impegno e professionalità , con il desiderio di riportare in alto i colori di una città fra le più belle d’Italia, in poche parole con l’impegno di regalare un futuro stabile al Rieti, restituendo entusiasmo al suo presente.

Speranza vana.

Le speranze e ogni progettualità sono state disattese e rottamate. 

Ho messo in gioco me stesso, la mia professionalità, garantendo per altri, ahimè, un futuro roseo. Ho guardato negli occhi chi attendeva risposte e, sicuro di poter contare su solide fondamenta, a quegli occhi ho garantito certezze e progettualità.

Tutto inutile, tutto bruciato sul falò della solita abitudine di fare le cose senza rispettare le persone e gli impegni, nella radicata convinzione che nel calcio si debba necessariamente comportarsi da furbi.

Ho dovuto e devo dire basta, ho dovuto e devo salutare una realtà che mi era subito entrata dentro. Sono costretto a lasciare una piazza e una tifoseria meritevoli di ben altro, rappresentando una città bellissima che è peraltro considerata il centro geografico dell’Italia, il cosiddetto “ombelico” del Paese e dunque andrebbe appunto messa al centro di un progetto serio.

Non posso che salutare con affetto quanti mi hanno affiancato con sincerità e voglia di fare bene. L’augurio alla squadra e alla città di imboccare al più breve e finalmente la strada della rinascita.

A Rieti lascio un pezzo di cuore, ma devo dire basta per non lasciarci anche la mia credibilità.

Ricordando, come scrisse Carlos Santana grande musicista e anche mezzo profeta, che: “un vincitore è un vincitore anche quando perde; un perdente è un perdente anche quando vince”.

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