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Allenamenti di Squadra dal 18 maggio: la ripresa e un protocollo che fa discutere

Sono arrivati ieri, in serata, i responsi positivi di Governo e Comitato Tecnico Scientifico per quanto concerne la ripresa degli allenamenti di squadra dal 18 Maggio. Una decisione attesa, vincolata da un protocollo severo e stringente, che adesso dovrà essere varato da leghe e società.

In realtà, bisogna andare fino in fondo ai dettagli di questa “novità“. Perché quello che un po’ tutti avevano identificato come il passo importante che spalancava le porte ad una ripresa del calcio, altro non è che una concessione forzata e dovuta alle squadre, che va ad affidarsi a ciò che il destino vorrà fare di questa stagione calcistica. Più che un grande passo verso la ripresa, ne sembra uno verso la possibile non ripresa (non dichiarata, ma eventualmente voluta dalla sorte) e più che un protocollo di messa in sicurezza per atleti e società, sembra un documento che metta al riparo governo, scienziati e, magari, anche federazione, da qualsiasi responsabilità su decisione future.

Il tutto, è riassumibile in quello che di nuovo si evince dal protocollo pubblicato nella giornata di ieri: “Il CTS prende atto che gli allenamenti di gruppo sono parte imprescindibile del percorso relativo alle attività agonistiche. Il proposito di mettere in quarantena non solo gli atleti, ma anche il personale, può rendere la ripresa degli allenamenti di gruppo medicalmente coerente con le indicazioni precedentemente fornite. Le misure di quarantena devono essere rispettate in maniera stringente sotto la responsabilità del medico sociale. È necessario sottolineare che, in caso di applicazione delle misure da rispettarsi sotto la volontà del medico sociale, qualora anche un solo membro dell’equipe risulti positivo, tutti gli altri dovranno obbligatoriamente sottoporsi a isolamento domiciliare per i successivi 14 giorni“.

L’ultimo anello della catena delle responsabilità si chiude con i medici sociali, additati come uniche figure a dover prendere una decisione. La più difficile, quella di fermare il calcio nel caso di una positività. Già, perché a parer nostro, il significato che scorge dalle righe del protocollo è proprio quello.

La prima domanda che ci poniamo, riguarda la natura stessa del protocollo. Quasi tre settimane di riunioni, accorgimenti, cambi di direzione, per poi redarre un documento dove l’unica realtà che si evince è lo scaricarsi di responsabilità e la mancanza di un lavoro scientifico appropriato ad una ripartenza sportiva: perché le regole sul distanziamento e sulla quarantena domiciliare di quattordici giorni, erano esistenti già due mesi fa e valevano per tutti i cittadini. Non si è fatto altro che traslare soluzioni della vita sociale al protocollo sportivo. Servivano tre settimane per deciderlo?

Questa soluzione implica un’altra domanda, forse la più importante per far capire come in realtà la ripresa e l’effettiva durata di quest’ultima sia davvero ricca di dubbi. Nel caso in cui una società riscontri un caso positivo a ridosso dell’eventuale ripresa del campionato, cosa succede? La squadra è obbligatoriamente tenuta a rispettare la quarantena, anche se si dovesse trattare di un cuoco (la responsabilità della decisione è del medico sociale).

Quindi, le soluzioni da percorrere sono sostanzialmente due: partite della squadra coinvolta perse a tavolino (ci sembra un’assurdità) o il rinvio ulteriore delle stesse gare (andando ad intasare nuovamente un calendario già particolarmente compresso che non lascerebbe spazio a questa strada).

E poi c’è la terza, che abbiamo citato un paio di paragrafi fa. La non soluzione da prendere, per mancanza di altre: lo stop definitivo. Una scelta che, con lo stratagemma del protocollo, non è dichiarata ma contemplata, fatta eventualmente ricadere sulla sfortuna degli eventi e sulla responsabilità di un medico sociale che dovrà fungere da capro espiatorio.

Traduzione di tutto? Affidarsi alla speranza. Ciò che può far ripartire il calcio in Italia è solo il corso degli eventi. Bisogna attendere e incrociare le dita, ben consci di poter assistere a nuove scene di ordinaria follia, con interruzioni anche dell’ultimo secondo.

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