L’Italia vince la Coppa Davis 2023: Sinner e compagni nella storia del tennis italiano

La prima partita di Coppa Davis che ho visto è stata quella contro la Svezia. Era una buona occasione per riprenderci il World Group. Loro avevano Soderling (allora numero cinque al mondo) ma noi un secondo e un doppio affatto niente male. Per tornare tra le più forti, dunque, servivano tre vittorie: due singoli e un doppio.

La scuola era appena ripresa ma il professore di greco del biennio aveva già assegnato un paio di versioni per verificare se l’estate avesse atrofizzato le nostre conoscenze grammaticali.

Fu una scelta sofferta, ma decisi di accantonare Ippocrate e Senofonte per consumare iridi e pupille davanti alla luce blu del televisore e sostenere Starace, Fognini e Bolelli, impegnati a regalare a un’intera nazione quella serie A che mancava da quasi dieci anni.

Perdemmo tre a due.

La partita peggiore fu quella del doppio: Starace e Bolelli, in vantaggio due set a zero, si fecero rimontare da due vichinghi qualsiasi e finirono per perdere al quinto.

L’unica cosa che mi regalarono i miei beniamini fu un bel quattro sul registro.

Nel 2011 andò meglio: beccammo un non irreprensibile Cile (corsi e ricorsi…) e, a casa loro, vincemmo quattro a uno. Negli anni successivi, però, non ci furono acuti.

Solo la semifinale dello scorso anno e quel quarto di finale del 2014 dove, su un lungomare di Napoli strapieno, un ispirato Fognini prese a pallate l’ex numero uno al mondo Andy Murray, cogliendo una semifinale insperata e (giustamente) persa contro la Svizzera di sua maestà Re Roger Federer.

La verità? M’ero rassegnato a vedere l’Italia arrancare tra le grandi. Ed ero pure felice. Mi bastava fosse lì.

Questo fino a quando un asteroide non ha colpito un paesino dell’Alto Adige di tremila anime. Una navicella spaziale, dalla quale non è uscito Vegeta, il capostipite di un popolo di guerrieri dalla cultura e biologia interamente incentrata alla lotta e al combattimento… ma Jannik Sinner, che è più o meno la stessa cosa.

Scherzi a parte, il ragazzo di San Candido è un dono divino.

Non voglio forzare scomodi paragoni con i (pochi) leggendari tennisti che abbiamo avuto, ma siamo di fronte a un ragazzo che ha chiuso la stagione tra i primi quattro del mondo, vincendo un master mille (unico insieme a Fognini) e togliendosi il lusso di battere due volte in una settimana un certo Novak Djokovic.

Un predestinato che non abbiamo esitato a beatificare.

San Sinner” ci ha preso per mano e, dopo quasi mezzo secolo, ci ha condotto alla vittoria più importante: quella dell’unico torneo di tennis dove a vincere non è il singolo, ma la squadra. Dove a primeggiare non è solo un’individualità, ma una nazione intera.

Grazie Jannik: per Toronto, per Torino e per quello che hai combinato in questo fine settimana. Grazie anche ad Arnaldi, Musetti e Sonego: senza le vostre vittorie di settembre (e questa di oggi sul filo di lana di Matteo) non saremmo qui a festeggiare.

Grazie a Bolelli e Berrettini, per il senso del gruppo che hanno saputo trasmettere in questi giorni. Grazie a Fognini, perché si è sempre messo a disposizione e ha sudato la maglia per quindici anni. Questa Davis è anche sua.

E infine grazie a capitan Volandri che, criticato e messo alle strette, ha fatto esordire Arnaldi, ha creato dal nulla una solidissima coppia di doppio e ha cercato di ritrovare il miglior Musetti, schierandolo nell’unica partita abbordabile di semifinale.

Grazie da parte dell’Italia e da parte di quel quindicenne con l’acne, l’apparecchio, i capelli lunghi… e il quattro in greco.

Giuseppe Maria De Maio

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *